Seconda edizione, dopo la prima uscita sul finire del secolo XIX, adeguatamente rivista e corretta, per non dire interamente riscritta, a quattro mani, da Vittorio Fabiani e Emilio Mancini, che si firmano in calce al termine della pubblicazione.
Emilio Mancini storico, giornalista e scrittore empolese
Storico locale, giornaliste e scrittore
Seconda edizione, dopo la prima uscita sul finire del secolo XIX, adeguatamente rivista e corretta, per non dire interamente riscritta, a quattro mani, da Vittorio Fabiani e Emilio Mancini, che si firmano in calce al termine della pubblicazione.
Ulivo Bucchi fu oggetto di attenzione da parte di Emilio Mancini, in quanto insegnante e personaggio di spicco nella cultura empolese del primo ‘800. Pubblichiamo l’intera cartellina di appunti, come esempio di serietà di ricerca e scelta di argomenti, che erano alla base dell’attività dello scrittore.
Nel cuore dell’estate di quel fatale 1849 che spense nel sangue il primo ardore della riscossa italiana, Giuseppe Garibaldi usciva da Roma, con 3000 volontari cui aveva promesso “ fame, sete, marce, battaglie e morte”.
Dietro di lui fumavano i ruderi gloriosi delle ville gianicolensi, dinanzi brillava ancora una speranza: soccorrere Venezia dove il vecchio Leone asserragliato mandava gli ultimi ruggiti.
L’illustre Pinguino, dopo la fatica dell’esordio, perchè il rossore, che nel primo presentarsi al pubblico gli aveva avvampato la faccia, avesse tempo di dileguarsi, si è riposato sugli allori: un cuscinetto minuscolo dall’aspetto di un portaspilli.
Ma ora torna di nuovo a noi con il suo riso di Sileno bonario e arguto. Chi non ricorda, dinanzi alla caratteristica figura dell’illustre Pinguino il grande sofo dell’Ellade, quel che aveva sulle labbra l’ironia amara e con essa condiva alle menti sitibonde di nuovi veri i semplici parlari, pieni di quella filosofia che aveva chiamata dal cielo in terra, dall’ardue vette metafisiche all’agora ateniese?
Il grande sofo aveva nel volto i beffardi, sgraziati lineamenti del caprino Sileno, ma per la sua gola aurea parlava l’usignolo delle Muse e nel suo petto brillava il divino splendore di mille cose belle. Continua a leggere
di Emilio Mancini (Pinguino)
Il diabolo, che quando venne al mondo, in Francia, si chiamò le Jeu du diable, è un gioco nuovissimo… d’un secolo fa. Non sto a descriverlo, tanto esso è ormai noto; solo dirò che è tutt’altro facile ad impararsi; occorre molta pazienza e destrezza, ma quando si è imparato, sembra desti tanto entusiasmo da non lasciarlo più.
Ne volete la storia? Eccovi serviti.
Il monumento più antico e più insigne di Empoli, la medioevale Pieve di S. Andrea, sotto le cui triplici navate pregò la pia contessa Emilia e, forse, dopo il sangue che arrossò l’Arbia, fremé assetata di vendetta l’ira ghibellina, esige che al più presto si ponga riparo alle offese che il tempo inferse alla marmorea facciata. Continua a leggere
Non so se le lettrici del Piccolo degnino gettare uno sguardo su questa rubrica, destinata ad essere come un sorriso benevolo tra i visi arcigni dei dotti e dei politici. Continua a leggere
Emilio, quando dedicava un articolo importante su un argomento, prima si documentava. Ferruccio Busoni, personaggio di spicco nel mondo della musica, pianista e interprete unico a livello mondiale, richiese studio e materiali da varie fonti. Qui riportiamo nello stesso ordine che è presente nella busta “Ferruccio Busoni” alcuni ritagli di giornale, alcune pubblicazioni d’epoca e gli appunti manoscritti.
Ferruccio Busoni è all’ordine del giorno. Ci piace spigolare qualche notizia su di lui apparsa in recenti pubblicazioni.
Francesco Monotti, per esempio, traccia un Ricordo di Ferruccio Busoni sulla rassegna milanese Comoedia (15 ott-15 nov.1932). Ivi, in un’intervista coll’insigne pianista polacco Zadora, discepolo del Busoni, è rievocata la figura del Maestro empolese, popolarissimo a Berlino per il suo famoso panciotto multicolore, il suo umore brioso, la sua passione per il bigliardo e quella pei bei libri.
Del brillante articolo illustrato ci limitiamo a riportare la fine, in cui Zadora così conclude i suoi ricordi: Busoni, morto nel 1924, sessantenne appena, è rimasto sino agli ultimi istanti della sua vita indiscutibilmente e solamente italiano, con un affetto e una nostalgia per il suo paese che forse solo i connazionali che l’avvicinavano potevano esattamente misurare. So che il suo lunghissimo soggiorno in Germania gli ha in parte nociuto presso certi italiani d’Italia, che han creduto vedere in lui un transfuga, un rinunciatario. Quale errore! Continua a leggere
Il 18 luglio 1302 saliva il colle di San Miniato un vecchio sui sessanta, accompagnato da un notaio e da tre famigli. Nessuno storico ce l’attesta, ma è probabile non frinissero, ma addirittura strillassero le cicale intorno intorno, come in altro luglio a noi più vicino udì e vivacemente descrisse un giovane Poeta che qui fu ospite memorabilissimo, qui segnò i primi passi nel cammino dell’arte e della gloria. Continua a leggere
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